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Trappole fotografiche


Fra le diverse tecniche di fotografia naturalistica quella del trappolaggio fotografico ha un posto di primaria importanza nella ripresa delle specie più elusive. La nostra esperienza in questo campo ha avuto inizio sul principio degli anni '90 con una serie di prove ed esperimenti che nel corso del tempo ci hanno portato ad utilizzare il sistema di cui ci serviamo adesso, caratterizzato da una lunga autonomia delle batterie (minimo tre settimane) e da una soddisfacente costanza nei risultati grazie anche ad interventi sull'elettronica delle reflex utilizzate, a flash autocostruiti e all'utilizzo di diversi tipi di sensori a seconda delle diverse situazioni sul campo.

La storia delle trappole fotografiche è più antica di quanto generalmente non si creda poichè i primi sistemi di questo tipo sono nati nel lontano 1888 ad opera di sir George Shiras III che utilizzando ingombranti fotocamere con emulsione a lastra e flash a polvere riuscì a conquistare alcune copertine del prestigioso National Geographic, rivista che nel 1906 pubblicò addirittura più di 70 sue fotografie scattate con questa tecnica. 

Una trappola fotografica altro non è che un sistema in grado di fotografare un soggetto senza il bisogno della presenza dell'operatore. Ovviamente è necessario che il fotografo sia in grado di previsualizzare il risultato perché non ha possibilità di intervento al momento dello scatto. Essenziale diventa, allora, la disposizione dei flash per ricreare un'illuminazione il più possibile naturale o con effetti particolari. Fotografare con questo metodo non è per niente facile se si desidera ottenere un'immagine esteticamente valida: occorre mettere in campo tutte le tecniche di ripresa per riuscirvi, pensare alle luci in termini di direzione e temperatura di colore, costruire un'inquadratura in cui, purtroppo, l'incognita principale sarà proprio la posizione precisa del soggetto, studiare la profondità di campo e cercare di prevedere il movimento, tenendo conto, in alcuni casi, anche del tempo di ritardo dello scatto. Ma prima ancora di questi problemi bisognerà risolvere quelli relativi all'integrità dell'attrezzatura che dovrà essere in grado di funzionare o perlomeno di resistere alle intemperie, all'umidità, al calore eccessivo, al gelo, al passaggio di animali troppo curiosi o distratti...  

Spesso si sente dire da fotografi naturalisti anche di un certo livello che l'utilizzo delle trappole fotografiche non produce risultati soddisfacenti dal punto di vista qualitativo e non genera nel fotografo quell'emozione che si prova soltanto vivendo il momento dello scatto. Grazie alla nostra esperienza ci sentiamo di mettere in dubbio queste affermazioni. La prima è generata, a nostro parere, dall'utilizzo di sistemi inadeguati: è evidente che adoperando trappole fotografiche acquistate sul mercato le variabili da controllare sono di gran lunga inferiori, ma sono di gran lunga inferiori anche le possibilità di intervento per personalizzare il risultato e portarlo ai livelli qualitativi di qualunque altra tecnica di fotografia naturalistica; le trappole fotografiche in commercio, infatti, vanno senz'altro bene per scopi di documentazione, ma non si possono pretendere risultati estetici professionali. La seconda è a sua volta sicuramente opinabile: partendo dalla progettazione, dalla scelta dei sensori, timer e relè, dagli interventi per insonorizzazione e mimetizzazione fino ad arrivare alla previsualizzazione del risultato mentre si prepara l'allestimento vero e proprio, dopo avere individuato un sito adeguato utilizzando conoscenze naturalistiche che spesso devono necessariamente essere superiori a quelle che sono normalmente sufficienti in altre tecniche di fotografia di natura, la preparazione di una trappola fotografica genera emozioni dall'inizio alla fine del percorso, fino ad esplodere letteralmente quando si ritrova sulla pellicola il risultato progettato ed a lungo sperato.

 

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