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Université de Liège - Università degli Studi di Parma, a.a. 2000-2001, Cellina Sandra
Dieta del Lupo nel Parco dei Cento Laghi
1 Introduzione
Dall'autunno 1999 fino alla primavera 2001, nel Parco Regionale dei Cento
Laghi, è stato condotto dal Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale
dell'Università di Parma, il progetto "Carnivori". Questa ricerca intendeva dare un
contributo alla conoscenza dello status dei piccoli carnivori (Mustelidi) e del Lupo
nel territorio del pre-parco e del Parco dei Cento Laghi.
Dopo aver accertato la presenza del Lupo nel Parco dei Cento Laghi attraverso
diverse tecniche di censimento, ci si è posti l'obiettivo di approfondire alcuni aspetti
della sua ecologia. Il presente studio è il primo lavoro scientifico con l'obiettivo di
fornire una base di conoscenze sulla presenza e l'alimentazione del Lupo nel Parco
dei Cento Laghi.
Lo studio è stato realizzato nell'ambito di uno scambio Socrates/Erasmus tra
l'Università di Liegi in Belgio e l'Università degli Studi di Parma in Italia.
Il tempo per effettuare la ricerca è stato molto limitato: meno di sei mesi, dalla
raccolta dei primi dati fino alla presentazione del lavoro, con quattro mesi di raccolta
e un mese di analisi.
Proprio per questo motivo, nella stesura del presente lavoro, sono anche stati
utilizzati dati rilevati precedentemente per il progetto "Carnivori".
La conoscenza della dieta del Lupo è un fattore molto importante per coloro che sono
preposti alla gestione (anche venatoria) della popolazione di ungulati sottoposta alla
predazione da parte di questo Carnivoro.
Ma la conoscenza della dieta del lupo riveste un'importanza fondamentale
soprattutto per la popolazione locale, legata ancor oggi ad una percezione fantastica e
mitologica di questo grande predatore e non ad una conoscenza reale dell'animale
che, dopo un lungo periodo di assenza, è ormai tornato sui monti emiliani.
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Dieta del Lupo nel Parco dei Cento Laghi
2 Distribuzione, stato dell'arte e conservazione del Lupo
2.1 L'evoluzione della distribuzione del Lupo in Europa
Il Lupo è una tipica specie legata agli ecosistemi forestali, la cui area di
diffusione è diminuita dopo la riduzione delle aree boschive e del numero di ungulati
selvatici. La persecuzione sistematica che ha subito ne ha accelerato l'estinzione
(Okarma 1995).
Nel diciottesimo secolo, l'uomo ha provocato l'estinzione del Lupo in Gran Bretagna,
Irlanda, e in diverse regioni dell'Europa centrale e settentrionale.
Nell'Europa occidentale e meridionale, i lupi vivono in condizioni ecologiche
degradate, a causa della distruzione degli habitat e della ridotta densità di ungulati; in
tali circostanze spesso, sono sopravissuti grazie a risorse trofiche di origine
antropica, quali bestiame domestico e rifiuti di discariche non gestite.
Negli anni sessanta, la distribuzione del Lupo era limitata a piccole popolazioni in
Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, Ex-Yugoslavia e Scandinavia; consistenti
popolazioni di Lupo erano ancora presenti solo in Europa orientale.
Oggi, partendo da questi nuclei, il Lupo sta ricomparendo in Francia, Germania,
Svizzera e Repubblica Ceca, grazie alla sua plasticità ecologica e comportamentale,
all'emanazione di norme di protezione della specie, al progressivo abbondano
dell'allevamento e dell'agricoltura montana e pedemontana e all'incremento di molte
specie di ungulati selvatici (Genovesi e Dupré 2000).
2.2 L'evoluzione della distribuzione del Lupo in Italia
Ampiamente diffuso sull'intera penisola fino alla metà del secolo scorso
(Brunetti 1984, in Boitani 1992), la scomparsa del Lupo nella maggior parte dell'arco
Alpino risale alla fine del 1800, fino ad arrivare all'uccisione dell'ultimo esemplare
nelle Alpi Piemontesi avvenuta all'inizio del '900.
In Sicilia, il Lupo è stato sterminato dopo la Seconda Guerra Mondiale; l'ultimo
gruppo sopravissuto fu eliminato, infatti, negli anni '50.
Il Lupo non è mai stato presente in Sardegna (Boitani 1992).
Prima degli anni settanta, il numero e la distribuzione dei lupi nell'Appennino non
erano conosciuti. Stime sommarie sul numero di esemplari presenti, effettuate da
Simonetta (1968, 1971) e Tassi (1971) riportano una consistenza di 200-300 lupi.
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Nei primi anni settanta l'area di distribuzione del lupo in Italia appariva frammentata
e limitata a pochi comprensori montani localizzati nelle aree più impervie
dell'Appennino centrale e meridionale (Ziemen e Boitani 1975).
La specie è attualmente distribuita sull'intera catena appenninica, dall'Aspromonte
fino alle Alpi Marittime (Ciucci e Boitani 1998a); l'espansione settentrionale
dell'areale del Lupo ha recentemente comportato l'inizio della ricolonizzazione
dell'arco alpino occidentale (Alpi Marittimi), con nuclei stabili in Francia fin dal
1992 (Poulle et al. 1997).
Considerando il processo di espansione della specie, osservato negli ultimi anni
lungo la catena appenninica è probabile, nel immediato futuro, una graduale
ricolonizzazione delle Alpi della parte del Lupo (Ciucci e Boitani 1998a).
È utile precisare che in Europa, Italia inclusa, non sono mai stati pianificati né
effettuati interventi di reintroduzione, ripopolamento o introduzione di lupi in
ambiente selvatico. Il recente processo d'espansione della specie in Italia è il risultato
di una serie di fattori di natura storica, ecologica e di conservazione che hanno
cambiato la situazione ambientale in Italia, e ai quali il Lupo si è facilmente adattato
(Ciucci e Boitani 1998b).
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Areale di distribuzione del Lupo in Italia
Nel 1973 ­ linea near (Ziemen e Boitani 1975)
Nel 1998 ­ retinato (Corsi et al. 1999)
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2.3 L'evoluzione della ricerca sul Lupo in Italia
Nel 1970 il Lupo non era ancora stato studiato in modo scientifico in Italia;
esistevano solo pochi articoli che avvertivano della possibilità dell'estinzione di
questa specie che era ancora ampiamente cacciata e stava sopravvivendo solo in
ambiente montano.
Nel 1972, il World Wildlife Fund (WWF) lanciava una ricerca con l'obiettivo di
capire lo status reale del Lupo in Italia e i mezzi per assicurare la sua conservazione.
Alla fine del 1973 iniziò un altro progetto articolato nelle seguenti fasi:
uno studio intenso della biologia del Lupo;
la reintroduzione di caprioli e cervi - le prede selvatiche del Lupo - in aree
selezionate per la presenza del Lupo;
una vasta campagna di educazione, informazione e attività di relazione
pubblica per cambiare la percezione del pubblico nei confronti del Lupo.
I censimenti su neve evidenziavano la presenza costante dei lupi vicino ai
paesi e alle discariche durante il periodo invernale; la maggior parte delle orme
rilevate apparteneva, infatti, a singoli animali o a coppie: questo indicava, sia la
chiara differenza tra i lupi italiani e quelli dell'America del Nord, dove erano stati
effettuati la maggior parte degli studi, sia gli adattamenti del Lupo alle particolari
condizioni ambientali italiane.
Le dimensioni dei territori variavano tra 200 e 400 km². L'attività era esclusivamente
notturna e dipendeva della durata dalla luce del giorno. I movimenti si limitavano a
uno spostamento da una tranquilla zona di foresta alle discariche vicino ai paesi,
dove il Lupo trovava all'epoca dal 60% al 70% del suo cibo (Boitani 1992).
Meriggi et al. (1991) hanno contribuito all'acquisizione di dati sul uso del habitat e
sulla dieta in Appennino settentrionale; Mattioli et al. (1996) si sono in fine
interessati delle abitudini alimentari del Lupo in relazione alla disponibilità degli
ungulati nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Successivamente, dati
importanti sulle dimensioni del home-range e sui ritmi di attività sono stati ottenuti in
Abruzzo da Ciucci et al. (1997).
I problemi maggiori esistenti all'epoca tra il Lupo e il suo ambiente sono gli stessi
identificabili oggi:
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la persecuzione diretta a cui il Lupo è sottoposto per limitare la predazione sul
bestiame domestico, la competizione con i cani ed il possibile incrocio tra lupi e
questi ultimi, la disponibilità di cibo e di habitat (Boitani 1992).
2.4 Status
La CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of the
Wild Fauna and Flora) include il Lupo nell'Appendice II (04/02/1977) per tutti paesi
firmatari e nell'Appendice I per le popolazioni di Bhutan, India, Nepal e Pakistan
(28/06/1979) (CITES 2001, Ciucci e Boitani 1998a).
L'Unione internazionale per la conservazione della Natura e delle Risorse
Naturali (IUCN) include il Lupo come specie "Vulnerabile" nella Lista Rossa (MSW
1993).
In Italia, la specie è stata legalmente cacciata fino al 23 luglio 1971, data in
cui con Decreto Ministeriale del Ministro dell'Agricoltura e delle Foreste veniva
temporaneamente vietata la caccia alla specie. Nel 1973, un secondo Decreto vietava
la caccia per altri tre anni. Il 22 novembre 1976, un terzo decreto dichiarò la specie
protetta permanentemente e rese illegale l'uso di esche avvelenate.
Le Leggi nazionali 968/77 e 157/92 hanno definitivamente dichiarato il Lupo specie
pienamente e particolarmente protetta (Ciucci e Boitani 1998a).
Con questa legge e grazie all'aumento degli ungulati selvatici ed alla crescente
tolleranza dell'uomo nei confronti del Lupo è ipotizzabile che la specie possa, in
futuro, ricolonizzare la sua originale area (Corsi et al. 1999).
Nonostante il regime di protezione, dal 1984 al 1990, in Italia sono stati raccolti 60
animali morti, di questi il 46,7 % è stato ucciso con arma da fuoco, mentre il 25 % è
stato avvelenato (Guberti e Francisci 1991).
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